Capita spesso di assistere sui social ad accesissime discussioni tra pro-vax e no-vax, pro-greenpass e no-greenpass: discussioni che nell’ansia di dare voce ad irritazione, polemica, confronto, e desiderio di prevalere, perdono rapidamente ogni relazione con il merito della questione. La sicurezza dal contagio, l’efficacia dei vaccini e della mascherina, l’osservanza o no delle regole, le conseguenze per chi non le osserva sono argomenti su cui possono esserci opinioni diverse e dunque è comprensibile che se ne discuta, ma questo diventa impossibile quando a muovere la discussione non sono più le diverse opinioni sul merito ma -con tutta evidenza- l’affermazione di sé, l’intolleranza delle rispettive frustrazioni, l’insofferenza, l’indisponibilità ad “accettare lezioni“ e il merito della questione si riduce solo a fungere da occasionale detonatore di una conflittualità latente.

Purtroppo sembra  che questi meccanismi -con crescente frequenza- finiscano per definire le nostre posizioni e i conseguenti arroccamenti in sempre più occasioni e contesti: la competizione, la ricerca di consenso, la necessità di prevalere rendono la relazione di quelle posizioni col merito reale delle questioni spesso assai fragile. E’ come se molte persone sentissero l’esigenza di appartenere a qualcosa di forte, riconoscibile, competitivo e cercassero ad ogni occasione un riconoscimento di questa appartenenza, anche -e soprattutto- attraverso la competizione e lo scontro con l’altro, col diverso, col “nemico”. Ci siamo convinti tutti di meritare di più, di poter ottenere di più, e di dover accusare qualcun altro se non ci riusciamo. Un senso di competizione permanente che trasforma in privilegio ogni successo altrui e in ingiustizia ogni fallimento proprio.

E’ urgente lo sforzo di tutti per recuperare un modo civile di discutere, di difendere le proprie convinzioni motivandole e argomentandole senza l’ansia di distruggere o ridicolizzare l’interlocutore. E’ importante recuperare la centralità del merito delle nostre discussioni, evidenziare la linea di confine tra i dati e le opinioni, tra i dati e la loro interpretazione. C’è un piano oggettivo di merito che non appartiene a nessuno dei “discutenti” e che deve godere di una terzietà che va salvaguardata e perimetrata come condizione dello stesso discutere. Lo stesso vale per il metodo: non si può giocare a scacchi senza aver definito prima i confini della scacchiera e le regole del gioco!

Non è in ballo solo la spaccatura -ormai quasi antropologica- tra vax e no-vax, c’è la discussione sulle cause e i rimedi del riscaldamento climatico, quella sulla cancel culture e tante altre: se non reimpariamo a discutere, recuperando l’oggettività del merito e la condivisione del metodo, non riusciremo più a capirci, non troveremo alcuna soluzione ai problemi, ci accapiglieremo sempre più senza costrutto dividendoci per bande e ragionando per slogan. Anche ai tempi in cui ci si affidava alla spada per decidere chi aveva ragione o alle battaglie navali per decidere da che parte era la verità ci si davano delle regole da rispettare e comunque ha molto più senso discutere -anche animatamente- capendosi che litigare e sfogarsi senza capirsi.