Indignazione, orrore, incredulità, solidarietà, emozione, rabbia, pianto, esecrazione, sconcerto… chi non ha provato questi sentimenti in questi giorni di fronte alle notizie e alle immagini di Lampedusa ?
Sono sentimenti comprensibili, ma -appunto- solo sentimenti.
Ci sono poi i proclami: Basta! Mai più! L’Europa faccia qualcosa! Il governo faccia qualcosa! L’Onu faccia qualcosa! Dio faccia qualcosa! Insomma qualcuno faccia qualcosa perché questo non risucceda!
Comprensibili, ma -appunto- solo proclami, auspici.
Seguono le riflessioni sulle cause “profonde”: lo squilibrio nord-sud, la spinta demografica, le guerre indotte, la corruzione dei governi locali, la cooperazione tradita… Tutto vero, ma tutto così generico da confinare con gli inviti alla pace nel mondo, a rimettere l’uomo al centro, a recuperare i valori smarriti.
Indicazioni troppo “profonde”, affermazioni troppo generiche, “inafferrabili” e troppo distanti da una rigorosa analisi dei rapporti di causa-effetto dei singoli passaggi, l’unica che può portare ad interventi efficaci (sempre se qualcuno è davvero interessato a realizzarli).
E poiché non sono né i sentimenti, né gli auspici, né le analisi generiche a determinare da soli gli accadimenti, non è difficile prevedere che un evento simile risuccederà sicuramente.
Non è una previsione pessimistica, risuccederà sicuramente perché non è venuta meno nessuna delle cause -né immediate, né remote- che lo hanno prodotto.
E’ stata forse offerta a chi fugge da conflitti e persecuzioni una alternativa al barcone e allo scafista?
Sono forse mutate le condizioni di vivibilità nei campi di concentramento in Libia?
E’ forse cambiato il regime di Isayas Afeworki in Eritrea che è al potere da vent’anni e che viola sistematicamente i diritti del suo popolo?
E’ forse cambiata la situazione assurda in cui si vive in Somalia senza legge, senza diritti e senza futuro?
E’ forse finita la guerra civile (si fa per dire) in Siria con i campi di fuga in Turchia, Giordania e Libano ormai pieni?
E chi fugge da questi inferni come potrebbe evitare di arrivare clandestino su un barcone a Lampedusa? Chiedendo forse un visto all’ambasciata italiana a Damasco (chiusa da mesi) e sbarcare pulito e profumato a Fiumicino? (Dove la polizia aeroportuale impedisce alle famiglie di rifugiati riportati in Italia da Svezia, Danimarca, Germania, per l’applicazione cieca del folle regolamento di Dublino, anche di sostare sul marciapiede durante la notte?)
Qualcuno ha proposto di rivedere -per davvero!- l’applicazione del regolamento di Dublino che obbliga i rifugiati a restare nel paese che hanno toccato per primo? (O aspettiamo che costruiscano un viadotto Mogadiscio-Amburgo per evitare l’affollamento a Lampedusa?)
Risuccederà sicuramente perché tutto è rimasto come prima.
Possiamo però sperare di soffrire un po’ di meno le prossime volte perché cominceremo a farci l’abitudine e perché i titolisti avranno ormai consumato tutti gli aggettivi.