Caro Amedeo,

 Io credo che apparentemente il tuo amico Giorgio possa avere ragione: ma in realtà ha torto.

E voglio dire di più: il tipo di ragionamento che egli fa attesta con grande chiarezza (in modo “plastico”, dicono quelli bravi) il problema di fondo del nostro Paese: la rimozione dell’opzione generazionale.

Egli si risente della volontà “rottamatrice” di Matteo Renzi; ritiene di non dover essere rottamato; è convinto di poter essere ancora utile alla società; ritiene che Renzi sia in realtà, una volta  ascoltate le sue idee, molto più “vecchio” di lui.

E qui è il punto. È possibile, forse probabile, che nelle proposte di Renzi non si ritrovino quegli elementi di novità di cui egli (a torto?) si considera portatore.

Ma trovo in questo catalogare Renzi come “vecchio” un misto di derisione e di paternalismo. Ma come? Vuole fare a meno di noi, esperti, navigati, con quel patrimonio di esperienza che è imprescindibile, e soprattutto oggi? Ma non può! Non è in grado, non è capace! Come può permettersi anche solo di pensare di “andare da solo” (si intende, senza i “vecchi”)?

Io credo che così come un genitore può ritenersi soddisfatto della sua opera educativa solo allorché  i figli sono in grado di fare a meno di lui, una generazione che opera nella “politica”, nel senso alto del termine, può guardare positivamente al proprio operare solo se ha saputo realizzare quel ricambio generazionale che rappresenta la speranza del futuro per qualsiasi epoca.

 Forse è vero che le proposte de Renzi, e lo stesso “personaggio Renzi”, non rivestono quel carattere di novità che ci si attenderebbe  e che lui stesso reclama: ma proprio questo è il problema. 

Se non è Renzi, il nuovo, chi lo rappresenta? 

Si può ironizzare sul concetto di “rottamazione”, si può contestarlo, si può ricordare che l’esperienza degli “anziani” è una risorsa, e non un problema.

Ma in questo modo si rimuove il problema di un Paese nel quale non si riesce a realizzare l’emersione di una leadership politica che offra il ricambio a quello che oggettivamente si presenta come un Jurassic Park.

Più che resistere pervicacemente attaccati a poltrone o incarichi pluridecennali, ci si attenderebbe che i “navigati” si preoccupassero e operassero per facilitare il crearsi di una guida responsabile e generazionalmente nuova.

Colgo in quella definizione di “vecchio” che Giorgio attribuisce a Renzi, così come nello “scalciante” affibbiatogli (ma che caduta di stile!) da Bersani, quasi un sospiro di sollievo da parte di entrambi nello scorgere in questo “presunto giovane” l’assenza di una forza trainante. Ma quale sospiro di sollievo? Ma meno male che un quarantenne si prende la responsabilità di uscire allo scoperto, di esporsi, di proporsi, anche di sbagliare!

Alla sua età negli altri paesi di Europa si governa; da noi invece si deve comunque imparare dagli anziani, si deve “mangiare la pagnotta”, se ne deve fare di strada per arrivare al livello…

Ma a quale livello? Al livello di una generazione di leader politici che ha saputo brillantemente portare il nostro Paese sull’orlo del baratro, e contemporaneamente a realizzare una tale disaffezione verso la politica da permettere a Beppe Grillo di prender il 5% dei voti alle regionali in Molise, e di far vincere il candidato del centrodestra, dopo aver già portato – con il trionfo dell’antipolitica – il leghista Cota alla poltrona di governatore del Piemonte?

È questo il livello al quale ancora non è arrivato Renzi?

Deve mangiarne di polvere, prima di arrivare al livello  – per restare nel partito democratico – di quei leader che non sono riusciti in questi anni a realizzare un’alternativa credibile al governo peggiore (e più impopolare) della storia recente? 

Forse la generazione degli attuali “detentori” dei posti di comando negli schieramenti politici ha un debito, nei confronti dei ventenni-trentenni-quarantenni di oggi che deriva dall’aver reso il loro futuro incerto, di aver loro tolto tante speranze.

E – forse – il debito potrebbe essere saldato aiutando “questi” giovani a prendere davvero in mano il futuro, loro e del loro Paese, anziani compresi.

Renzi, secondo un sondaggio, è il terzo sindaco d’Italia come popolarità. Magari non ha la statura per guidare un giorno il Pd, e il Paese. Ma allora mettiamoci in cerca di un altro Renzi, migliore, più capace.

Se lo faremo (ed è tardi, dovremmo già averlo fatto da tempo!), se saremo capaci di lasciare lo spazio a giovani che abbiano voglia di “sporcarsi le mani”, saranno loro stessi a reclamare un aiuto, un sostegno, un contributo di idee e (perché no?) di esperienza dai più anziani.

Se invece scambieremo la loro voglia di mettersi in gioco, la loro esuberanza, la loro passione, per un semplice “scalciare”, avremo fatto a loro, e a tutto questo povero Paese un pessimo servizio.

 Di cui qualcuno, prima o poi, chiederà conto.