Da quando ho iniziato a fare politica, all?interno del municipio non sento altro che parlare di sociale, di quanto il sociale sia importante, di quanto ognuno di noi creda e voglia portare avanti la causa del sociale, delle categorie fragili, dei ragazzi disabili…Frasi e richieste continue: si ma per quanto riguarda il sociale non esiste destra e non esiste sinistra…non dobbiamo guardare il colore della bandiera…dobbiamo solo fare quello che è giusto per loro….
Che belle parole, che persone sensibili e delicate…Sì, apparentemente. Ma nella realtà quanti di loro conoscono quel mondo da vicino? Quanti si sono chiesti quali siano i suoi reali problemi?
Circa un mese fa è uscito sulla cronaca nazionale il caso di un?assistente domiciliare che ha importunato un bimbo. Ciò che subito si è cercato di mettere in luce è stato che non avesse i requisiti per svolgere adeguatamente questo lavoro.
Il fatto di non avere i requisiti non è un caso, ma è la norma: si calcola che circa il 70% degli operatori non abbia studiato per questo; molti di loro hanno fatto uno stage full immersion o più spesso un breve corso.
Può bastare una settimana di teoria per essere d?aiuto ad un ragazzo disabile? Per saperlo contenere, sviluppare le sue potenzialità, sostenerlo, evitarne le crisi, fare con lui giochi costruttivi, per non lasciarlo semplicemente ad attendere che il tempo passi?
No, non bastano una settimana o un mese: forse non bastano anni di formazione e di tirocinio, di osservazione e supervisione.
Uno dei motivi per cui chi ha studiato e ama il sociale decide di non esercitare o lasciare dopo qualche anno simili professioni, è proprio la condizione disumana in cui si trova a lavorare: 5.70 ? all?ora se si è soci di una cooperativa, 6.50 ? se non si è soci (le colf che vivono nelle case italiane prendono molto di più); malattia e ferie non pagate; la mattina lavoro nelle classi ed il pomeriggio a casa. I casi da assistere poi sono tanti e dislocati nella città.
E? questo un sistema che può garantire qualità e professionalità degli operatori? Dopo aver studiato 10 anni psicologia o sociologia, magari fatto anche un master in ?artiterapie? è possibile svolgere un lavoro che non ti consente di pagare un affitto senza dover chiedere soldi ai propri genitori? In molti finiscono infatti per abbassare la testa e rinunciare a quello per cui hanno studiato per poter vivere. Chi rimane ad occuparsi del sociale? Coloro che accettano di essere pagati per ?guardare? un ragazzo, un bambino, una persona con problemi più o meno gravi. La professionalità è un?altra cosa.
Il rispetto per il sociale non è solo l?attenzione rivolta al disabile nella fase in cui si progetta un servizio: ma è l?attenzione al processo, che include tutte le persone che ne sono coinvolte, da coloro che hanno bisogno di aiuto fino agli operatori.
Per i ragazzi disabili la professionalità di coloro che li seguono è essenziale: avere i giusti stimoli significa per loro mutare radicalmente la qualità della loro giornata e della loro vita.
Parlare di sociale è parlare di dignità. E? lavorare sulla tutela della professionalità degli operatori, sull?operatività e la costruzione del processo.
Questione di professionalità