Quando ero piccola nella mia scuola c’era un giardino, che aveva anche una pista per correre. Talvolta ci portavano lì a giocare; lì preparavamo i giochi della gioventù e sempre lì ci allenavamo a correre. In quella scuola, oggi, c’è un parcheggio a spina di pesce per contenere quante più macchine possibili. Quando ero piccola sotto il mio palazzo c’era un grande giardino che ospitava le macchine e i garage, ma c’era anche tanto spazio affinché i bambini potessero giocare. Oggi invece i palazzi sono costruiti più per ospitare automobili che bambini, e i marciapiedi sono invasi dalle auto. Lo spazio per le persone viene lasciato alle macchine, come se fosse più naturale e giusto.

Oggi, insomma, non c’è più lo spazio (fisico) per i ragazzi, non c’è più la ricreazione passata a tirare calci ad un pallone (o forse sì, ma stando attenti a non danneggiare le auto dei professori…).  Oggi non c’è più l’idea (che a mio avviso andrebbe difesa con le unghie con i denti e tanta grinta) di tutelare uno spazio vuoto, aperto, dove poter piantare alberi e magari un piccolo orto o dove mettere delle panchine perché è bello e piacevole stare seduti all’aria aperta.  Quanto può essere povera la vita spirituale di un popolo che proietta in un mezzo meccanico il senso del sé e lo difende a scapito di ogni altra cosa?  Quando che abbiamo cominciato a dare più spazio alle automobili che alle persone? Quando c’è stato questo ribaltamento di senso e questa nuova, terribile prospettiva per cui lo spazio diventa automaticamente parcheggio?

In Germania quando si costruiscono nuovi quartieri si comincia dai servizi: prima la metropolitana che servirà quel quartiere e le linee degli autobus o tram o quanto altro. Poi – e solo poi – le case e palazzi. E i quartieri vengono immaginati in modo che ci sia lo spazio per le persone, per poter andare a piedi o in bicicletta: le macchine vengono lasciate fuori. E se proprio ti serve un’auto, per un giorno o qualche ora, voilà: ecco una stazione di noleggio o un servizio di car-sharing. E la cosa fantastica è che ti puoi permettere di non avere la macchina e di non usarla e di non dovere pagare le spese per il suo mantenimento e di non doverle sacrificare dello spazio.

La casa dei nonni di mio marito è una vecchia casa paesana che si affaccia su di una bellissima corte storica e tutelata da non so esattamente da quale ente che dovrebbe vigilare sul bello storico. Un tempo in quella corte si articolava tutta la vita delle quattro famiglie che ci vivevano: c’era un forno per il pane, il pollaio, il recinto per il cavallo, gli alberi da frutto e tanto spazio per svolgere tutte le mansioni quotidiane. Oggi le cose sono cambiate, in quella corte parcheggiano le auto gli emigranti in vacanza o gli eredi cittadini di quelle quattro famiglie. Ogni estate si trasforma in un rompicapo per poter incastrare le macchine di tutti. E per muoversi nel cortile devi trasformarti una anguilla che si insinua tra i pochi spazi lasciati liberi da quelle scatole di lamiera arroventate dal sole d’agosto.

Non noi, però. Siccome siamo strani e anche un po’ fessi (a giudicare dalle facce di chi ci vede comportarci in un certo modo), noi la macchina la lasciamo fuori, dove si trova agevolmente parcheggio. E così lo spazio di fronte all’ingresso del palazzotto – spazio da sempre considerato feudo della macchina della nostra famiglia –  resta sgombro e bello e le bambine nostre (e non solo) hanno un paio di metri quadri per poter saltare, correre, cadere e giocare a palla. Abbiamo anche deciso che quest’estate ci metteremo delle sdraio di legno con la tela bianca per poterci sedere lì, accanto all’albero di limoni, a guardare le stelle e il cielo profondissimo e buio che certe zone della Sardegna ancora custodiscono. So bene che saremo circondati dalle macchine dei vicini parcheggiate come uno sfregio, una cicatrice, un insulto. Ma nel nostro piccolo vogliamo contribuire al bello con un  gesto che probabilmente non sarà d’esempio, ma almeno ci consentirà due cose: sentirci assolti dalla responsabilità di fronte al brutto dilagante e godere di un po’ di tranquillità e di fresco nelle sere d’estate.

 

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