Chi, comodamente seduto al volante in mezzo al traffico di Roma, non ha sognato di sfrecciare veloce su una moto?
Le due ruote sono di fatto l?unico mezzo che garantisca tempi di percorrenza più o meno certi, agilità di movimento negli spostamenti durante tutto l?arco della giornata, un posteggio relativamente sicuro. Insomma un vero e proprio mezzo di sopravvivenza per gli abitanti della capitale, che si attrezzano come possono alla sfida quotidiana del traffico. Ma i motociclisti rappresentano anche le principali vittime delle strade romane: soltanto nei primi sei mesi di quest?anno, secondo il rapporto recentemente elaborato da Aci e Istat, sono stati quasi 4.500 i sinistri che hanno coinvolto i motoveicoli (per la maggioranza di cilindrata superiore ai 50 centimetri cubi), dei quali ben 221 si sono conclusi con un decesso; una cifra che diventa ancora più rappresentativa se ricalcolata su base giornaliera: mediamente nella capitale si consumano ogni giorno sulle due ruote 1,2 decessi, nel quadro più generale di un Paese dove gli incidenti stradali si collocano al primo posto tra le cause di mortalità.
Secondo il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, la ragioni principali sono riconducibili a fattori di natura psicofisica: stress, stanchezza e problemi psicologici, che sulla strada diventano fattori di distrazione micidiali soprattutto se collegati all?eccesso di velocità, che a Roma si conferma al primo posto tra le cause degli incedenti che coinvolgono motoveicoli.
Se ci siamo almeno parzialmente abituati al non-senso delle famigerate stragi del sabato sera, gli ultimi numeri rilevati dal Comando dei vigili urbani lasciano perplessi per almeno due motivi: pur coinvolgendo mediamente un intervallo di età simile ? ragazzi tra i 25 e i 29 anni di età – in questo caso infatti alcool e droga hanno un?incidenza non molto significativa, considerato anche che la fascia oraria più esposta è quella compresa tra le otto e le nove del mattino.
Si muore dunque soprattutto andando a lavoro, e per chi è costretto a trascorre nel traffico intere ore della propria giornata l?alienazione della strada non si allontana poi di molto da quella prodotta da un lavoro meccanico: una catena infinita di azioni ripetitive completamente svuotate di ogni finalità, immerse in un tempo vuoto, scandito dai comandi della segnaletica luminosa, tra il bombardamento acustico e visivo della città.
Gli sforzi di responsabilizzazione rivolti ai cosi detti centauri sono certo condivisibili e almeno parzialmente utili per la messa in sicurezza propria e altrui ma, come hanno dimostrato gli scarsi esiti degli ultimi interventi legislativi in materia – dalla decurtazione dei punti all?esame per il patentino – non sembrano in grado di esaurire da soli un fenomeno che non può non essere letto che come conseguenza: esito del caso, in una città dove si contano sette macchine ogni dieci abitanti; di modelli di consumo sempre più sofisticati e più o meno consapevolmente scelti; di stili di vita metropolitani si direbbe, dove il tempo del lavoro continua inesorabile ad estendersi sul tempo della vita, e i momenti veramente liberi sono anche una conquista della velocità, motore e icona di un progresso in costante accelerazione.