Si chiedeva Platone nella Repubblica chi fossero i governanti perfetti e quale fosse la forma di governo perfetta. Certo non lo era la democrazia. Perché la maggioranza dovrebbe avere ragione sulle decisioni che riguardano il bene comune della polis, quali competenze ha il popolo per decidere, è sufficiente il numero a suo favore per far sì che le decisioni siano giuste? O non potrebbero comunque essere sbagliate a maggioranza? Certo in questa posizione c?è molto scetticismo aristocratico sulle facoltà intellettuali del demos, il popolo. Ma cos?è il demos se non l?insieme dei lavoratori manuali che nulla sanno del bene, del giusto, del bello, e proprio per la loro subalternità culturale sono i più esposti alla demagogia e alla manipolazione? Per tutti questi punti deboli la democrazia, secondo Platone, sarebbe sfociata prima o poi nella tirannide. Nella polis democratica tre gruppi entreranno in inevitabile conflitto: i ricchi, i parassiti della politica (i fuchi), e appunto il demos. Quest?ultimo individuerà presto un suo protettore, un prostates, che inizialmente sarà in grado di guidare il demos, difendendone i bisogni e gli interessi, per poi assumere via via tutti i poteri e diventare tiranno. Il prostates non esiterà a forzare a suo vantaggio il primato raggiunto, arricchendosi, eliminando gli avversari politici, costituendo una sua milizia personale. Per legittimarsi verso il popolo mostrerà un volto affidabile, ma eliminerà i migliori anche tra i suoi sostenitori e si circonderà di mediocri. Userà i poeti come strumenti di propaganda a suo favore per rabbonire il popolo.

Se né il popolo né il tiranno chi insomma ci potrà guidare? Chi dovrà avere ?la capacità di scorgere ciò che è giusto nella vita pubblica e in quella privata? ? Conclude Platone: ?mai le generazioni degli uomini avrebbero potuto liberarsi dai mali, fino a che non fossero giunti ai vertici del potere politico i filosofi veri e schietti, o i governanti della città non diventassero, per un destino divino, filosofi?.
Dopo alcuni secoli Roma ebbe come imperatore Marco Aurelio, un filosofo.

Il pensiero di Platone espresso nella Repubblica ci fornisce vari spunti di amara riflessione contemporanea.

1 ? La democrazia come embrione della tirannide.
Rileggiamo le lotte di potere nella polis democratica platonica ripensando i fatti italiani dei primi anni Novanta, dagli attentati mafiosi, a mani pulite, alla nascita di Forza Italia e del berlusconismo. Ripensiamo al concetto di prostates impersonandolo in un uomo in carne ed ossa, non solo immagine filosofica platonica, cioè in Berlusconi. Pensiamo al suo ultimo governo di ?mediocri? come all?evoluzione inevitabile del prostates in tiranno, dove l?eliminazione dei migliori in quanto voce critica non subalterna, è funzionale al progetto di non avere personalità in grado di rallentare il pericolo processo di assunzione dei pieni poteri. Pensiamo infine alla funzione dei poeti come catalizzatori e diffusori di consenso per il tiranno e sostituiamoli con i mass media e i giornalisti asserviti e a libro paga. Mi sembra che Platone abbia anticipato secoli di storia.

2 ? Fuchi o Filosofi al potere?
Parlando dei filosofi al potere il pensiero Platonico non è stato altrettanto preveggente, almeno per noi italiani. Salvo appunto Marco Aurelio ( e forse il Vaticano).

Ciò non toglie che la guida politica, intesa come testimonianza personale di coerenza etica nei comportamenti sia pubblici che privati, dovrebbe essere comunque una prerogativa di quegli uomini che scelgono di rappresentare gli elettori nelle istituzioni (come i filosofi di Platone). E qui veniamo al caso Marrazzo. Tralascio tutta la cronaca legata a questa triste vicenda (chi ha fatto il video, perché, chi l?ha tenuto nel cassetto, chi non ha denunciato, la tempistica ad orologeria dello scandalo, ecc ecc) per dire subito che tutta questa dietrologia non ci sarebbe stata se Marrazzo, quel giorno, invece di andare col trans , fosse andato, come ogni giorno fanno milioni di persone, a casa propria, dalla propria famiglia. Qualcuno inoltre dice: non è indagato, non ha commesso reato, è parte lesa, è sta una sua debolezza privata.

Il punto centrale è proprio qui. Nel rapporto tra pubblico e privato, ma anche nel rapporto tra comportamento legale ed etica. Un uomo pubblico deve accettare di non avere gli stessi diritti di privacy del privato cittadino, proprio in quanto questo suo essere uomo pubblico è la base fondante del suo status privilegiato (economico, di popolarità, d?immagine, di opinion maker, ecc). Questo vale per attori, calciatori, cantanti, giornalisti, tutti coloro che hanno esposizione mediatica e che da questo traggono il loro ruolo di persone privilegiate.

Per gli uomini che scelgono poi di ricoprire cariche istituzionali, cioè pubbliche, alla riduzione del raggio della privacy deve entrare un’altra variante. Non tutto ciò che non è reato è ammissibile. Bisogna considerare che esiste oltre alla legge scritta un?altra legge non sempre scritta che deve essere altrettanto rispettata: l?etica. La credibilità della persona pubblica, che è chiamata al governo e alla produzione di norme legislative per tutta la collettività, dipende da questa coerenza tra etica e comportamenti. E? credibile un divorziato che tuona contro la legge sul divorzio? E? credibile una persona che frequenta escort a capo del family day? O chi consuma droghe o che fa calendari sexy come ministro? Nessuno di queste cose è reato (per alcune droghe è ammesso un uso personale), ma non basta per un politico dirsi immune da reati. Esiste un? etica, un codice etico non scritto (purtroppo) che si sovrappone alla legge. Questa coerenza , come elettori, la dobbiamo pretendere. E? indispensabile ridare un?etica alla politica sia partendo dai comportamenti che dall?abolizione dei privilegi della casta, ben definita da Platone come l?insieme di coloro che «alla fine non si danno più pensiero né delle leggi scritte né di quelle non scritte, affinché nessuno sia loro padrone in nessun modo».

I fuchi, di cui parla il grande filosofo greco, sono purtroppo una forza trasversale, che con i propri comportamenti minano le basi della credibilità della nostra democrazia. L?allontanamento dei fuchi dipende dagli elettori, dal demos. Domanda: è in grado il demos attuale, inebriato dalla propaganda dei poeti (TV e mass media in genere), di reagire? Deprimenti sono i sondaggi in base ai quali la maggioranza degli italiani considera irrilevanti, relegati alla mera sfera privata, i noti comportamenti del premier. La diversa reazione degli elettori a queste vicende a sfondo sessuale è stata la vera cesura distintiva tra Destra e Sinistra, come già ha rilevato Mario Pirani su Repubblica (?Il potere, il sesso e le menzogne. Perché si indigna il popolo di sinistra?). A Destra si è fatto quadrato col Capo, lo si è difeso a priori, a costo di negare con l?evidenza l?alfabeto morale che dovrebbe tenere un Capo di governo. A sinistra la reazione è stata di immediata ripulsa verso l?uomo politico, senza scusanti, senza attenuanti. E meno male, aggiungo io! Che questo comportamento dell?elettore di sinistra sia tenuto presente dalla nuova dirigenza del Partito Democratico. Che diventi un valore aggiunto, e determini la scelta della classe dirigente. Metta il PD l?etica al centro del suo programma, elimini i fuchi presenti al suo interno, metta l?abolizione dei privilegi della casta al centro del programma, solo così si ridarà credibilità alla politica. L?Italia sarà un Paese normale quando a governarla saranno le persone normali (cioè rispettose delle norme, scritte e non scritte). Per l?Italia attuale saranno costoro i veri filosofi.