La storia è la base della cultura di ognuno di noi; termine usato non in senso stretto ma lato, volendo intendere con questo la conoscenza dei molteplici aspetti della nostra esistenza, in un legame temporale tra passato-presente e futuro.
Legame necessario per poter vivere su questa terra senza sentirsi orfano e senza soggiacere alle non risposte delle domande universali che da sempre accompagnano la vita dell?uomo.
La storia viene insegnata dalla scuola elementare e, quindi a bambini molto piccoli, di 8 anni fino ai giovani e adulti dell?università; se ci pensiamo bene, arriviamo, se tutto va bene, a metà degli anni 50, e se proprio siamo fortunati agli anni 80.
Ovviamente la storia che viene insegnata è quella ?ufficiale?, manifesta, ma gran parte dei docenti difficilmente insegna quella latente, dei paesi poveri o di eventi che appaiono meno importanti, ma che invece sono il puzzle che compone il disequilibrio-equilibrio del mondo attuale.
E quando arriva il tempo di parlare della storia contemporanea? Mai. Se ne parlerà quando sarà passato, quando sarà troppo lontana per provare i brividi, per rendersi conto del gioco di potere, dei genocidi, della violenza, delle dinamiche esistenti nei rapporti internazionali, del ruolo dei paesi ricchi nei conflitti riguardanti il terzo mondo, l?America latina e del sud; quando non avremo modo di creare una coscienza nei giovani e renderli parte di tutto questo, renderli responsabili di ciò che accade lontano dal loro orticello ben curato.
La storia è la base della politica, della coscienza di appartenenza, di cittadinanza; del nostro essere cittadini attivi, in grado di esprimere un pensiero ed avere una coscienza critica; ma noi questo non lo vogliamo, chi detiene il diritto e il dovere di trasmettere si tiene spesso lontano dal creare nel giovane una coscienza critica, un pensiero e una possibilità di intervento nel tempo presente e questo, a mio avviso, è grave, è alienante e creare quella che io in modo brutale, definisco un popolo di ?pecore?, non in grado di ribellarsi, di parlare, che vive con gli occhi che mai girano per osservare cosa accade all?orizzonte.
E, all?orizzonte, accadono tante e tante cose: guerre, devastazioni, popoli che lottano per la libertà, dittature tacite, giochi di ogni genere, gente che muore e altra, che lotta per una piccola parte di vita.
Tutto questo accade lontano da noi, ma anche dentro di noi; il nostro Paese gioca la sua partita con il resto del mondo, si schiera, aiuta o distrugge…ma i giovani tutto questo lo ignorano. È vero, ultimamente, l?ignoranza si sta espandendo a macchia d?olio grazie all?egoismo personale con cui si sta crescendo, al benessere, se ancora così si può chiamare, e, purtroppo quando ti svegli dall?assopimento grazie o a causa di una crisi, di un amico proveniente da un Paese lontano, quando inizi a formarti la tua cultura, quando fai le tue ricerche qualcosa inizia a bruciare forte dentro di te: la rabbia. La rabbia perchè tu hai diritto di sapere, di conoscere, di poter parlare. Un diritto con cui dovresti crescere e che non dovresti conquistare quando una parte della vita l?hai vissuta.
Ad esempio cosa è accaduto in Argentina nel ?78 durante i mondiali di calcio? Qual è stato il ruolo dell?Europa? Cosa accadde un anno dopo Chernobyl in America Latina? E tante, tante altre piccole e grandi storie e cosa sta accadendo nel Paese in cui viviamo, qualcuno ce ne può parlare?
I giovani vanno condotti verso il sapere e non tenuti all?oscuro. Vanno aiutati a percorrere il sentiero della conoscenza, della politica, altrimenti si accosteranno solo a movimenti estremi o passeranno la loro vita a dire ?odio la politica, sono tutti ladri?. No, non è così, non è questo ciò che dovrebbe essere, non era questo lo scopo con cui è nata ed è andata avanti.
I giovani devono conoscere il passato