Domenica mattina. Lo staff delle alfabetizzatrici, con tanto di coordinatrice locale, mi accompagna a prendere il taxi. Nel paesino in cui abbiamo passato il fine settimana, il francese non è proprio la lingua veicolare, e la presenza di otto marocchine accanto a me facilita notevolmente le comunicazioni.
Fa un caldo pazzesco. Tutto è color sabbia rossiccia: l?automobile, la mia camicia un tempo bianca e pure i visi dei tassisti, almeno mi sembra. Ma forse è l?effetto del sonno, del torpore che ho ancora addosso dal giorno prima. Abbiamo fatto tardi, c?era un concerto in piazza.
Per creare un tantino di spirito di squadra mi è sembrato giusto portarmi tutte dietro per una bella gita. Con lo staff femminile lo posso fare, con gli uomini no: per loro c?è solo la seccante realtà di avere un capo che è una donna, e per me le difficoltà nel trovare la giusta via di mezzo tra la tradizione marocchina e questo ruolo.
?Portarmi dietro?, come avrete capito, è un eufemismo: io ho autorizzato la gita ma nella pratica, sono loro a portarsi dietro me, dal momento che le marocchine sono loro e spesso sono loro ad aprire porte che un occidentale non potrebbe nemmeno vedere.
Il paesino dove abbiamo passato il sabato è un po? la Rimini del Marocco, e si chiama El jadida. Si trova più a Sud della sede del Progetto, e non c?è un turista europeo a pagarlo oro. Gli occidentali, d?estate, affollano altri luoghi, altre città di mare e non, tra cui Marrakesh, che d?estate è un forno crematorio da cui i marocchini scappano a gambe levate per fare posto agli assatanati da villaggio turistico.
Di solito, la coordinatrice locale- Rashida- è il mio passpartout. Stavolta però, anche se ancora non lo so, sta per farmi prendere una cantonata. Probabilmente non sarà colpa sua- le informazioni qui non sono proprio di stampo svizzero- ma, insomma, il ritorno a casa sarà complesso. Andiamo avanti e vediamo perchè.
Il taxi in questione fa parte di una categoria molto in voga, qui in Marocco. Mentre in città girano i ?Piccoli taxi?, omologati per 4 passeggeri e un conducente, per i percorsi extraurbani ci sono i ?Grandi taxi?: vetture un po? più spaziose… ma omologate pure loro per 4 passeggeri e un conducente! Dov?è l?inghippo? Semplice: il taxi extraurbano, in realtà, stipa al suo interno ben 7 persone, spesso anche 8. Li vedi passare e ti chiedi come cavolo fa il conducente a cambiare le marce, con un contadino ben pasciuto seduto proprio sulla leva del cambio. A parte questo piccolissimo dettaglio, i Grandi Taxi sono molto economici e pratici. Raggiungono anche i paesi più sperduti- basta aspettare che si riempiano- e sono in effetti più affidabili degli autobus. Tanto per dirne una, all?andata il nostro bus era rimasto un?ora in panne e non mi andava di ripetere l?esperienza.
Rashida confabula con il conducente e poi traduce il tutto: ?Ti porta fino ad un altro paesino e poi ti accompagna ad un altro Grande Taxi. Purtroppo non c?è collegamento diretto?.
?Uhm. Sicura??.
?Altrimenti, autobus. Che però parte tra un?ora…forse?.
Ho da fare in città, quindi non c?è scelta. Baci e abbracci con le ragazze, poi ognuna si dirige al suo taxi: andiamo quasi tutte verso luoghi differenti, mentre all?andata si partiva tutte dalla nostra sede di lavoro.
Il tassista inizia la sua marcia. Siamo solo in 6: ho deciso di scialare e acquistare due biglietti, al prezzo totale di 30 DHS (2 euro e mezzo), per stare un tantino più comoda. Fa davvero troppo caldo e, se vi dovesse venire in mente che io abbia fatto, così, un gesto da turista, vi assicuro che di viaggi con la gente in braccio ne ho già fatti più d?uno.
Sono accanto al posto di guida, cinture di sicurezza nemmeno a parlarne e il tipo corre un po? troppo. Parecchio troppo, e la brutta esperienza di Giulio è molto fresca nella memoria.
Ogni tanto mi sorride e corre ancora di più. Forse si è emozionato??? Gli altri passaggeri non obiettano nulla.
Leggermente preoccupata ad un certo punto smetto di sorridere come un?ebete e comincio a protestare: ?SCIUIA…SCIUIA…? (piano, piano), poi, visto che non mi ascolta proprio, insisto con tono più concitato e con i capelli ormai dritti. ?E che cavolo….SCIUIAAAAAAAA! Ma accident..? e farcisco il tutto con un paio di parolacce in italiano, per lui incomprensibili e che servono solo a sfogare la mia tensione.
Il mio viso ha fatto finalmente passare il messaggio, e il tipo rallenta. Gli altri passeggeri, dietro, non si scompongono di una virgola.
Arriviamo al benedetto secondo paesino. Scendo praticamente in corsa e guardando il tipo con sguardo truce. Lui mi fa un sorrisone: Chercher autre taxi? Oui? E, dicendo questo, si rivolge ad altri tassisti che sono accanto a noi nel parcheggio. Insomma, eccoci qui: mistero dei misteri, mistero della fede o quello che vi pare, questo secondo taxi non esiste, almeno non ora. I tassisti si radunano preoccupati: c?è un problema. Perchè l?italiana non ha preso il taxi diretto, dal El Jadida fino alla città in cui deve andare? In francese arabeggiante spiego che forse si è sbagliata la mia collega marocchina- che intanto sogno di strozzare o di far rosolare su uno spiedo. Esattamente come sto rosolando io, alle 2 di pomeriggio sotto circa 45 gradi.
Scatta subito l?operazione ?soccorso alla straniera dispersa?. Nell?attesa, mi portano un tè bello bollente. Mi chiedono se voglio telefonare, mangiare, bere, fumare o visitare il paese. Per la cronaca, sono a 150 km da casa, i miei colleghi sono sparsi per il Marocco, per di più in Capitale e hanno con loro le macchine di servizio. Niente di grave, per carità. Solo, vorrei arrivare in città e farmi una doccia. Tutti gli autisti- uomini naturalmente- confabulano sulla soluzione del problema. Qualcuno mi fa gli occhi dolci e io decido automaticamente su quali dei taxi presenti NON salirò: fidarsi è bene…
?Treno?? tento. ?Non c?è la stazione?. Uffa.
Esiste una soluzione rapida, in realtà: potrei prenotare l?intero taxi e farmi portare dove nessun?altro deve andare. Mi costerebbe 300 dirham, circa 30 euro. In Italia non ci vado nemmeno fino in centro, ma nella campagna marocchina è una somma enorme e mi costerebbe sguardi allucinati da parte di tutta la combriccola, nonchè delle donne e dei ragazzini che si stanno radunando per partecipare alla decisione. Siamo accanto al Souk settimanale, il mercato. Decine di carretti, tende, mucche, frutta, verdura e polvere a tonnellate. Loro quest?ultima soluzione non me la propongono nemmeno, perchè non la ritengono praticabile.
Il mio tassista da Rally di Formula Ignota mi sembra, alla fine, il più affidabile di tutti: ha gli occhi buoni e sembra seriamente costernato. Si avvicina anche un vecchietto, il più anziano degli autisti di taxi. Sono sul punto di proporre il mio taxi privato e mandare al diavolo l?aria da turista riccona che solleverò, quando quest?ultimo mi apostrofa in francese perfetto: ?Se vuoi, mentre aspettiamo ti insegno un po? di arabo?.
Rewind.
Ricaccio in tasca i soldi. L?avventura si fa interessante ed è, tutto sommato, domenica. La città può aspettare. Un?ora e mezza dopo sono ancora sotto un albero in compagnia del vecchietto. È un tipo sveglissimo, e anche abbastanza colto. Ha studiato all?università, ha anche insegnato ma poi si è trovato senza lavoro: quindi, taxi. In un?ora mi racconta un mucchio di cose sul Marocco rurale, e mi insegna varie frasi in arabo, annaffiate da litri di thè, pane caldo appena sfornato, burro e miele arrivati ?espressi? dal mercato vicino.
Teoricamente, stiamo aspettando un taxi che prima o poi dovrebbe arrivare dalla città e tornare indietro, ma le speranze si affievoliscono. In realtà, non me ne importa più molto. Il vecchietto mi accompagna a vedere come si fa il pane nei forni di terra, poi mi presenta mezza famiglia.
Alla fine mi propone una soluzione d?emergenza: un autobus, al quale mi accompagnerà. Ne passa ?nel pomeriggio? uno che va in città, in un?altro paesino non lontano. Un biglietto costerà 10 Dhs, meno di un euro. Non può portarmi lui fino alla mia destinazione, perchè il suo taxi è fuori uso. E allora perchè eri qui? Per passare la giornata, mi risponde senza scomporsi.
Ci avviamo a piedi. Un grande taxi già bello carico si affianca e offre un passaggio fino alla fermata dei bus. Incredibilmente, ci entriamo in due. La gente mi saluta, qualcuno mi mette in mano altri generi di conforto: frutta, acqua e pure un pacchetto di sigarette.
Tanto per arrivare alla fine della storia, tre tè e molte conoscenze dopo sono a casa. Faccio una bella doccia e vado a dormire, di mangiare non se ne parla proprio perchè mi hanno rimpinzata tutto il giorno.
Ricevo, la mattina dopo, una telefonata di Rashida. Mortificatissima per l?accaduto, si scusa per cinque minuti buoni.
?Quanto ci hai messo ad arrivare a casa?? esclama. ?Circa 7 ore? rispondo.
Sono 200 km, avrei fatto prima a piedi.
?Non so come scusarmi?
?Non preoccuparti? rispondo con la voce distesa ?non è stato poi così male?.