Si è detto della necessità di sfruttare la potenza di Internet per raggiungere un migliore dialogo con gli elettori. Sono stati mostrati gli errori dei politici italiani che si sono affacciati al Web senza capirlo.
Vediamo come è possibile mettere in pratica i buoni propositi.

Partiamo dai consigli che è possibile elargire: sono semplici e derivano il più delle volte dal buon senso. Evitare di far finta di essere autori di blog, quando non si hanno veramente informazioni da trasmettere; saper ascoltare i suggerimenti e le critiche dei lettori, meglio se rispondendo subito, o riservandosi di farlo in un secondo momento, magari in occasioni più ufficiali; il blog deve essere visto come un esempio di critica costruttiva e di migliore condivisione di idee e responsabilità.

E’ importante rendersi conto che Internet è uno dei migliori strumenti che abbiamo a disposizione per formarsi delle idee, scoprire dei fatti, e discutere. Una vera democrazia è tale quando è possibile discutere, e non solo quando permette di esercitare i diritti di voto. E tanto più le discussioni sono intelligenti, posate, costruttive, tanto più la vita sociale stessa ne trarrà beneficio.

Chi partecipa alle discussioni in rete lo fa in modo gratuito, volontaristico, perché è convinto di partecipare ad un bene superiore, ossia una migliore qualità di convivenza. I politici che avranno l’umiltà di capire questo, e di dedicare a loro volta tempo ed energie a questi dibattiti, ne trarranno grandi vantaggi, perché la diffusione delle informazioni positive è veloce e remunerativa in termini di credibilità e immagine.

Esponiamo una breve e veloce panoramica degli strumenti che possono essere utilizzati. Se non sapete cosa sono, non avete che da chiedere, ricordando che Google e la Wikipedia sono sempre vostri amici!

Blog e siti web in generale: devono essere aggiornatissimi, ricchi di link, di risorse, di spunti di discussione, con possibilità di partecipazione attiva dei lettori.

Aggregatori RSS: servono per riunire in un solo sito o nel proprio PC tutti gli articoli o informazioni catalogati come appartenenti ad una certa categoria di notizie: informazioni provenienti da quotidiani, siti di qualsiasi tipo, blog, e via dicendo.

Wiki: strumento per condividere idee e commenti, permettendo la continua modifica di documenti da parte degli iscritti. E’ alla base della Wikipedia.

Socialbookmarking: tipico strumento per diffondere alla base le informazioni. Ogni utente associa un sito ai propri preferiti, o bookmarks che dir si voglia, si assegna una categoria e si condivide questo piccolo database personale con altri.

Instant Messenger: permette di fissare appuntamenti di “conferenze” con i propri iscritti, ed è più versatile di una classica chat-room.

Peer to Peer: permette la distribuzione di video o messaggi elettorali.

Social Networking: è l’uso combinato delle tecnologie sopraesposte, dove persone accomunate da uno stesso interesse entrano in contatto, si gestiscono ed organizzano manifestazioni, incontri, eventi, promozioni, ecc.
permettendo di creare online gruppi di discussione, reti di amicizie, contatti di vario tipo.

Possiamo estendere ancora il concetto di quanto sia importante che il politico, questa volta in generale, conosca i mezzi di comunicazione della Società dell’ Informazione.

Ce lo spiega David Farber, guru delle tecnologie di comunicazione, vero e proprio “nonno” di Internet, che non risparmia colpi bassi all’accoppiata di politici e Multinazionali: incompetenti i primi e dallo sguinzagliamento avvocatizio facile le altre, verso ignari utenti o programmatori troppo bravi. La soluzione proposta è un secondo tipo di accoppiata: una nuova generazione di politici e una maggiore libertà di espressione. Se per il primo elemento si spera che il tempo possa automaticamente provvedere, per il secondo i tempi sono difficili.

E’ evidente che si ha sempre paura di ciò che non si conosce, e i politici, quasi per definizione, per lo meno qui in Italia, non sanno di cosa si sta parlando relativamente ad Internet (non che i giornalisti invece siano molto più esperti, ma questo è un altro discorso): “convinti” dalle Multinazionali, che dicono invece di saperla lunga, promuovono leggi assolutamente inadatte allo sviluppo e alla diffusione di Internet, vedi la scellerata legge Urbani. Politici e Multinazionali non amano Internet perché temono di non averne il pieno controllo, come è stato fino ad oggi per gli altri mass media.

Dice bene Farber che una politica del controllo dei contenuti oltre ad essere deleteria non ha senso, perché ci sarà sempre il modo tecnologico per aggirare questi divieti, e gli aspetti negativi ricadono quasi sempre sui liberi cittadini, che vedono minata la loro libertà di utilizzo di Internet.
Ma sono sempre questi chiamati poi alle urne.

Un ultima domanda, poco retorica: un blog visto da decine di migliaia di persone (pensiamo a quello di Beppe Grillo, ma non è certo l’unico), quanti voti può portare? L’esperienza è recentissima: pochi voti hanno fatto la differenza. Internet può ragionevolmente partecipare a questa differenza?

Crediamo di si.

Dedicato all’amico Amedeo.