17 dicembre 2005, panetteria presso la metro Sesto Rondò, a Sesto San Giovanni, nell?hinterland milanese, un tizio esce dall?esercizio commerciale con una pistola alla mano. Mentre si allontana, sopraggiungono le forze dell?ordine, che lo arrestano, immediatamente comincia a gridare ai gendarmi di essersi fatto arrestare volutamente, perché disoccupato e senza fissa dimora, secondo quanto riportato in una intervista, lo stesso giorno, da una testimone.
Quanti Italiani e non hanno il problema della mancanza di una casa e di un lavoro, la situazione economica è preoccupante anche nell?opulenta Milano. L?occupazione di una casa privata disabitata risolve momentaneamente il problema del riparo dal freddo di un inverno molto rigido, ma non quello dell?approvvigionamento, quindi perché dannarsi l?anima per ottenere tutto ciò, quando la galera di colpo potrebbe risolvere entrambi i problemi, godendo anche della possibilità di guardare la televisione gratis. Chissà in Italia quanti la pensano come lui?
C?è chi come Marco Pannella, leader della Rosa nel Pugno, si danna l?anima per la concessione di un amnistia e chi invece si preoccupa di trovare accoglienza in un istituto penitenziario, due facce contraddittorie di uno Stato che non c?è. L?Italia trova molto più facile per il mantenimento della pace sociale utilizzare il mezzo carcerario piuttosto che quello dell?investimento produttivo e dei servizi sociali.
Una scuola che non funziona, le carceri stracolme, la tv piena di veline e banalità di ogni tipo, la popolazione media succube di un consumismo mediatico e indotto dalla politica. Un paese la cui superficialità è funzionale alla logica di mercato imperante, guidata da pochi grandi gruppi economici a cui la classe politica è asservita e per tale motivo poco interessata a svolgere una funzione di servizio nei confronti dei cittadini. Da qui poi lo sterile moralismo sociale veicolato anche dai mass media: i giovani sono senza valori, venduti all?edonismo, chiusi in un egoismo che nega la prole e la famiglia, persi e illusi nella superficialità di una vita facile, il successo in televisione o magari una vincita all?enalotto di cui lo Stato è però titolare. Quanti giudizi critici i giovani devono sentirsi ripetere quotidianamente in una società frustrata da una piattezza spirituale, votata alla riproducibilità tecnica dei consumi, favorita dall?omologazione sociale. In effetti scolari che usano la play station piuttosto che il loro cervello fanno crescere i consumi e da grandi avrebbero poco da criticare nei confronti delle varie istituzioni e di chi governa la vita economica.
La storia di chi decide spontaneamente di ritirarsi nelle anguste pareti di una cella, rappresenta una sceneggiatura di un film sulla parabola delle vita reale di un uomo che non c?è. Espressione estrema di una società abituata a galleggiare nella mediocrità e a vivere di sé stessa nella sua autoreferenzialità, nella quale l?errore è l?altro, il diverso. Sorge il dubbio ma a cosa devono credere i giovani, quando scoprono che apparire ben vestiti e socialmente accettati non è più sufficiente per bastare a sé stessi? Probabilmente alcuni di loro, una volta maturati, perdono la fiducia in quei miti seducenti che l?adultocrazia ha propinato loro sin dalla nascita.
Il costo individuale obbligatorio per questa società è la finzione del credere in valori e istituzioni autoreferenziali, la cui contraddittorietà angosciante e grottesca è davvero risibile. Il diseredato di Sesto potrebbe essere benissimo il protagonista di un romanzo kafkiano, come metafora esistenziale sul senso della vita.