C’erano una volta due piccoli e prosperi paesini (Vallechiara e Montescuro) dove la gente viveva del proprio lavoro, in pace e serenità: entrambi avevano una chiesa sulla piazza, un bel campanile, una farmacia, un medico condotto, un veterinario, pochi ma ben forniti negozi ed anche una piccola cassa rurale che raccoglieva i depositi dei buoni cittadini e prestava i capitali alle quattro o cinque famiglie che gestivano piccole imprese (una segheria, una fabbrichetta di mobili, una officina meccanica, etc) al servizio dei rispettivi cittadini. L’unico difetto, se così si può dire, di questi due paesini era che ciascuno di essi era un po’ chiuso in se stesso: così il medico di Vallechiara curava solo i malati di Vallechiara, il veterinario di Montescuro solo gli allevamenti dei Montescuresi , e così via. Anche le due casse rurali raccoglievano ciascuna i risparmi dei propri concittadini e prestavano alle imprese del loro piccolo circondario: la cassa rurale di Vallechiara alle quatto o cinque famiglie imprenditrici di Vallechiara e la cassa rurale di Montescuro alle quattro o cinque famiglie imprenditrici di Montescuro. Tante volte i due direttori delle due casse rurali si erano ripromessi di scambiarsi clienti, depositanti e debitori, ma mai i fatti erano seguiti alle intenzioni, del resto timidamente affacciate.

Tutto andava bene, però, senza che sorgessero problemi di sorta e sia a Vallechiara che a Montescuro tutti erano felici della situazione in atto.

Senonchè, l’ottimo direttore della cassa rurale di Vallechiara (il dott. De Furbis) un giorno venne a sapere che una delle famiglie di imprenditori che la cassa finanziava (la famiglia degli Scombinati), da qualche tempo si era data alla pazza gioia: grandi spese, grandi feste piene di ballerine venute chi dice dal Marocco chi dall’Egitto, addirittura – si diceva –  una villa ai Caraibi ed altre prodigalità. Il dott. De Furbis si preoccupò grandemente perché la famiglia degli Scombinati aveva preso in prestito dalla cassa rurale ingenti capitali, per potenziare la loro fabbrichetta, avevano detto, senza che però grandi lavori fossero notati proprio nella fabbrichetta degli Scombinati.

Assunte discretamente le informazioni necessarie, il dott. De Furbis si convinse che gli Scombinati avevano cominciato a dissipare i soldi che avevano preso in prestito e che restavano alla casa rurale ben poche possibilità di recuperare il proprio credito verso gli Scombinati.

Non sapendo a che santo votarsi, dopo aver inutilmente ammonito il capofamiglia degli Scombinati (il Cav. Silvio Scombinati) ad una vita più consona alle possibilità della sua famiglia, certo ormai di rischiare di perdere i soldi prestati (che del resto erano non della cassa ma delle famiglie depositanti di Vallechiara), dopo molte notti insonni si decise a prendere contatto col direttore della cassa rurale di Montescuro, il dott Vittimucci, per prospettargli la volontà di dare finalmente corso a quello scambio di clienti che tante volte i due direttori avevano progettato.

A Vittimucci l’idea piacque: in fondo, si disse, siamo nel terzo millennio! Che ragione c’è di confinare le due casse rurali ciascuna nel suo angusto territorio, quando in tutto il mondo c’è la globalizzazione!

E i due cominciarono a negoziare.

Senonchè, anche Vittimucci aveva una situazione analoga a quella di De Furbis (la famiglia dei De Grecis, appunto di Montescuro, pare avesse cominciato a giocare al casinò tutti i fondi che la cassa rurale di Montescuro gli aveva prestato).

Sia che De Furbis e Vittimucci avessero confusamente intuito ciascuno il problema dell’altro, sia che non l’avessero capito, fatto sta che entrambi decisero di cominciare questa nuova era di collaborazione scambiandosi proprio quei clienti: così Vittimucci sarebbe diventato creditore degli Scombinati comprando  da De Furbis il suo credito verso il Cav. Scombinati ; e De Furbis sarebbe diventato creditore dei De Grecis pagando a Vittimucci il suo credito verso la famiglia De Grecis.

Ovviamente sia De Furbis che Vittimucci erano convinti che in tal modo avrebbero meglio tutelato i denari dei propri depositanti (in fondo tutte le banche prestano soldi dei depositanti); però o per uno scrupolo di onestà reciproco o per solennizzare l’apertura della nuova collaborazione decisero di scambiarsi i valori apportandosi reciprocamente un “piccolo” sconto: il Cav. Scombinati doveva 1000 alla cassa rurale di Vallechiara? Ebbene il credito sarebbe passato alla cassa di Montescuro al prezzo di 900, così, quando ( e se) Scombinati avesse rimborsato i suoi 1000 la cassa rurale di Montescuro avrebbe guadagnato un premio di 100 per il rischio che si era assunto con un cliente che conosceva poco; analogamente il credito della cassa di Montescuro verso i De Grecis (sempre 1000) sarebbe passato alla cassa di Vallechiara a 900, con analogo effetto a favore della cassa di Vallechiara se e quando de Grecis avesse rimborsato il suo debito.

Che cosa ci insegna questo piccolo apologo?

  • Che non tutti coloro che vendono i propri crediti pericolanti  sono dei biechi speculatori, ma spesso soltanto dei razionali tutori dei valori loro affidati.
  • Che non tutte le vendite di crediti pericolanti si traducono in un vantaggio per chi se ne libera: in fondo sia Vallechiara che Montescuro nell’operazione persero sicuramente 100 (la differenza fra il valore nominale del credito ceduto ed il suo valore di cessione).
  • Che cosa ha provocato  la perdita di valore del debito del cav. Scombinati e dei signori De Grecis? La scelta delle due casse rurali di liberasi dei crediti pericolanti  o, invece, le follie  delle famiglie Scombinati e De Grecis?