Caro Amedeo,
Ho letto con attenzione (ed affetto) la tua lettera aperta con l?appello rivolto ad alcuni amici (io sono forse quello più preso di mira) per ?scendere in campo?, darsi alla politica, riprendere la bicicletta, assumersi delle responsabilità, etc
Non posso nascondere che il fatto che tu mi veda come scrivi mi fa molto piacere e mi onora di una considerazione che ? venendo da te ? considero seria, affettuosa ed importante.

Ma, vedi, parafrasando ciò che l?Economist scrisse di Berlusconi, io di me direi ? senza pudore e anzi con un certo malcelato ?.autocompiacimento ? di essere unfit for politics (inadatto alla politica).

E ti spiego perché: tralascio però di argomentare in dettaglio attorno a quello che ? come sai ? in fondo penso circa l?inutilità della politica almeno per i prossimi 5/10 anni: il Paese sembra soddisfatto della propria autorappresentazione; la maggioranza lo sa e gestisce molto bene tale autorappresentazione; la minoranza, stanca di uomini e di idee, non lo capisce e ? se lo capisse ? non saprebbe che farci, chiusa com?è nella sua pavloviana reattività ideologica alla autorappresentazione di cui sopra. Tra 5/10 anni forse l?autorappresentazione sarà logora, l?attuale minoranza sarà sostituita da forze nuove e allora ne riparleremo (o meglio: ne riparleranno coloro che allora avranno meno anni di noi). Per ora pensiamo ad altro, perché c?è di che altro occuparsi, soprattutto nel vivo della società piuttosto che nel morto della politica.

Dunque, perché mi sento unfit for politics ?:
1. Anzitutto perché la politica ? oggi e necessariamente ? è per le soluzioni di facile presa: si comunicano meglio, piacciono di più a Bruno Vespa, emozionano facilmente, etc.; io sono stato abituato per troppi anni a pensare che le cose buone si conseguono con strade faticose. E le strade dure sono difficili da far comprendere a chi è soddisfatto della propria autorappresentazione.

2. Poi, perché la conquista di una significatività politica esige un tipo di contesa che ? ora ? mi ripugna. Pensare che per contare qualcosa in politica occorra battere (a destra o a sinistra, non fa differenza) uomini di così scarsa stimabilità mi fa venire i brividi. Bada bene, però, non è qualunquismo questo; non penso che di qua o di là non ci siano persone valide e anche numerose. Dico solo che per riuscire a contare (cioè per poter fare e non solo chiacchierare del fare in qualche vano talk-show ) occorre superare barriere e gelosie di apparatnik con le quali non mi piace misurarmi (snobismo? Forse?.ma che ci vuoi fare; se fossi più giovane varrebbe la pena di rieducarmi, ma ora?)

3. Infine, mi sono convinto, accostandomi ad alcune attività sociali, che l?unica cosa da fare sia contribuire a cambiare la società partendo dal suo grado di autocomprensione, nel contesto del mondo che stiamo vivendo; questo tornerà veramente utile fra 5/10 anni, o forse meno, quando inevitabilmente verrà in crisi il modello di autorappresentazione che stiamo recitando.

E poi, con chi schierarsi (perché, questo la politica richiede!)? Con chi fa bandiera di atteggiamenti che proprio non condivido (per esempio in materia di immigrazione, di pretestuoso nazionalismo, di politica Europea, etc.)? O con chi ha governato, anche di recente, con sprezzo delle più elementari regole di buonsenso (per esempio in materia di ambiente, di previdenza, etc.)? Con chi fa professione di credere nelle capacità taumaturgiche del capo o con chi non sa fare altro che grattarsi l?orticaria che il capo degli altri gli provoca? Con i falsi guelfi (pii in televisione e laici in privato) o con i cauti ghibellini (laici in televisione ma pii in un ostentato privato)? Con chi mette in campo funzionari dell?azienda-partito o con chi mette in campo funzionari del partito-azienda (propria)?

No, credimi, la politica, oggi, non fa per me ed io stesso sarei del tutto inutile alla politica di oggi?.ci sono tante cose utili di cui occuparsi?.e poi, come ti ho detto altre volte con espressioni più colorite, non ho più la necessaria pazienza.

Come sai, se ci fosse un amico, più adatto di me, più paziente, più votato alla sofferenza, un pedalatore di lungo passo, non mancherei di cercare di aiutarlo ( e di consolarlo delle inevitabili disillusioni).