Mentre il “panorama” politico nazionale mette in scena i suoi malinconici balletti, goffamente danzati da leaders stanchi a da improbabili aspiranti, abbarbicati a messaggi vecchi, provinciali e vuotamente emozionali, per lo più ricantati su motivetti stanchi, come se fossero, quasi tutti, ignari delle tempeste che si agitano minacciose sopra le nostre teste ubriache, vorrei suggerire alcuni spunti di riflessione che nascono dalle letture di questi ultimi tempi.

Cominciamo con l’ultima, che poi,in verità, come vedremo subito, lettura vera e propria non è. Si tratta di un breve video il cui senso provo a raccontare in poche parole (chi ha familiarità con l’inglese se lo può vedere “clickando” sul sito http://www.wallstreetitalia.com/article.aspx?IdPage=1046384; ne vale proprio la pena!). Come spiega Wall Street Italia, il video della BBC ha dell’eccezionale e fa riflettere: il professore Hans Rosling del Karolinska Institutet a Stoccolma porta indietro le lancette di 200 anni, per vivere l’evoluzione del benessere mondiale in 200 paesi negli ultimi due secoli. Il tutto in soli quattro minuti. Ebbene che cosa mostra il breve filmato, basato sul montaggio dinamico di oltre 120.000 dati riferiti alle aspettative di vita media e al reddito pro-capite di tutte le principali aree e nazioni del mondo, nella loro evoluzione nell’arco degli ultimi 200 anni?

Provo a riprodurre la logica del bellissimo grafico dinamico mostrato nel video: in estrema sintesi, l’intero mondo, e’ stato posizionato sulle classiche assi cartesiane, sulla base delle aspettative medie di vita e del reddito pro-capite di ciascuno stato, più o meno come nel grafico seguente; poi, misurando le variazioni dei due parametri in ciascuno degli anni decorsi negli ultimi due secoli, è stata delineata la tendenza secolare, cui alludono le due frecce rosse.

Il quadro delineato evidenzia tendenze globali e secolari rispetto alle quali si scolora il significato di ogni piccola bega domestica o sub-domestica. Viviamo in un mondo che ha urgente bisogno di ripensarsi con categorie nuove ed in dimensioni inusitate, come dimostra l’avanzare dei problemi di solvibilità degli stati; una dimensione rispetto alla quale si sentono levarsi rari pensieri, troppo spesso inascoltati o soffocati da più urgenti problemi di Bunga-bunga, di fedeltà o di tradimento.

Il ripensamento impone quel “riarmo mentale” cui allude, con amaro riferimento al nostro povero e declinante Paese, l’ultima relazione del Censis; ma anche la riconsiderazione morale degli assetti del mondo che innerva tutta la Caritas in Veritate, documento inquietante di un grande Papa ma anche di uno dei più profondi e sensibili intellettuali dell’ultimo secolo. Forse una nuova Weltanschauung di cui non si intravvedono, in Italia, i portatori.

Un pensiero parzialmente consolante mi è venuto, invece, dalla lettura di un vasto e documentato libro di Eric Hobsbowm (Nazioni e nazionalismi dal 1780, Einaudi) nel quale viene ricostruita la storia culturale e politica delle idee e dei sentimenti nazionalistici e dei loro collanti di base (unità etnica, linguistica,religiosa, storica, etc) che hanno anche drammaticamente caratterizzato gli ultimi due secoli. In particolare mi ha colpito la formulazione di una prospettica, probabile, rapida eclissi dei rinascenti nazionalismi, eclissi che non è ancora una certezza ma qualcosa di più di una semplice speranza. La notazione affonda le sue radici, oltreché nella generalizzata perdita di importanza storica del nazionalismo e del concetto di Stato-Nazione, anche in una acuta constatazione che riguarda alcuni fra i sempre risorgenti nazionalismi separatisti che tuttora affannano l’Europa (da quello Scozzese a quello Gallese, Basco o Catalano e –perché no? – a quello Padano, per la verità nemmeno citato nel libro): e cioè che, in fondo, in molti di essi si legge l’istanza di pervenire ad un più diretto accesso alle autorità Europee, quasi come se i nazionalismi tendano, paradossalmente, a sciogliersi in una visione sovranazionale.

Sovviene qui, per ritornare nel “giardino d’inverno”, la lettura del bel dibattito fra Enrico Letta e Lucio Caracciolo, già segnalata fra le migliori letture del ferragosto (vedasi: Agosto 2010, ventilatori e letture) e, spero (sì! Anch’io spero, talora!) non ancora cancellata dalla memoria di chi ha “mani in pasta”.