«Veltroni deve fare le alleanze giuste. E con ciò voglio ricordargli come dovrebbe essere e non come è costretto ad essere dalle alleanze che ha scelto». Si riferisce alla legge elettorale Rosy Bindi ma guarda anche ad altro. Alle scelte fatte dal Partito democratico sulla sicurezza, ad esempio, e alle polemiche sulla 194 e, dunque, al rapporto tra laici e cattolici in un momento non facile non soltanto per la rinuncia di Benedetto XVI a intervenire alla Sapienza.
Ad ogni buon conto, a proposito di legge elettorale, Bindi a un richiamo non rinuncia: «con la bozza Bianco stiamo riproponendo il proporzionale della prima repubblica dopo che Berlusconi ha inventato quello della seconda repubblica». Invece, il Pd, secondo il ministro della Famiglia, deve recuperare le ragioni originarie della propria nascita, fermare chi si avvia a tradirle, e da qui far discendere il resto perché, dalla legge elettorale ai diritti civili passando per la sicurezza o la politica fiscale, tutto si tiene insieme. Chi lo guida, dunque, deve scegliere da che parte stare.
E questo vale soprattutto guardando dentro il partito che la Bindi si diverte a smontare e rimontare, con un giochino che fa emergere strane coppie e fatali attrazioni tra opposti. Fatali, si intende, per il partito. «Sono convinta che esista un problema di rapporti tra laici e cattolici – dice la Bindi – anche perché ci sono varie anime sia tra i primi che tra i secondi». «Tra i cattolici – prosegue – c?è una componente, quella dei teodem, che assume posizioni intransigenti e che parla di valori non negoziabili. C?è poi una componente tentata di ripercorrere una via identitaria che strumentalizza la provenienza cattolica per organizzare una corrente in politica. E basta pensare al seminario di Assisi e a Fioroni. Ce ne è infine una terza che ritiene che il Pd sia una grande occasione di laicità per tutti. Non è un paradosso, anche se a un cattolico può sembrarlo: ritengo che la negoziabilità dei valori sia la garanzia della loro fecondità nella storia». Se la sentisse, la Binetti inorridirebbe.
«Alla intransigenza – risponde – io preferisco la capacità di coniugare la coerenza dei valori con la fatica di inverarli nel contesto storico. La politica non è il luogo della evangelizzazione, non si fa politica per proclamare valori ma per rispondere, partendo da quei valori, ai problemi delle persone. I valori non negoziabili non possono rimanere appesi sopra la realtà che scorre e che da questi, senza il dialogo e l?incontro, non viene toccata». Il ministro esclude che questa terza anima possa organizzarsi in corrente come invece ritiene che stiano facendo le altre. «Non c?è nessuna disponibilità – dice chiaramente – Io un partito identitario ce lo avevo, il Ppi. Poi abbiamo deciso di superarlo con la Margherita e con il Pd: non intendo tornare indietro. Chi pensa ad organizzare correnti cattoliche tradisce il Pd ma anche la natura stessa del fare politica da cattolici. Non si può mettere vino vecchio in otri nuovi. Se vogliono riorganizzarsi come correnti, buona fortuna. Io preferisco trafficare i miei talenti con i talenti degli altri. E tutto ciò mi conferma come buona la scelta di entrare nel Pd come candidata dando vita a una esperienza plurale». Allora è dal frazionamento della componente cattolica, che occorre ripartire per spiegare le difficoltà di un Pd che non riesce a fare scelte chiare sui grandi temi.
Così, dunque, si spiegano anche le difficoltà tra laici e cattolici. «Proprio no», risponde rotondamente la Bindi che aggiunge: «anche di là sono divisi. E anche di là si trovano tre componenti diverse. Una laicista a oltranza della quale abbiamo visto qualche prova in questi giorni. Per fortuna il Pd è stato indenne da questo oscurantismo laicista. Poi, anche tra i laici c?è una componente strumentale che dice: ?in Italia non possiamo metterci contro la Chiesa ed i cattolici? e però poi mostra insofferenza verso l?atteggiamento ?laico? di certi cattolici. Potrei definirla l?anima togliattiana del Pd. Infine, c?è una componente curiosa che accetta la sfida del dialogo».
A veder così smontato il Pd, verrebbe voglia di fare un giochino e provare a ricostruirlo, magari dando un nome a correnti e protagonisti. Facile trovare i capofila delle due ali oltranziste: Binetti e Odifreddi. La Bindi annuisce divertita. Più complicato trovare i capofila delle due componenti che secondo la Bindi si potrebbero definire ?negozianti dei valori? . Un nome la Bindi lo ha già fatto, quello di Fioroni. Sull?altro fronte la scelta appare ampia. «Faccia lei un nome», capovolge il gioco. L?identikit potrebbe corrispondere a un Latorre. Il nuovo sorriso della Bindi fa capire che quel nome va bene. Infine, ci sarebbero i ?curiosi?. Naturalmente tra questi c?è la stessa Bindi. «Naturalmente». E poi? «Giuliano Amato», ribatte, «ma anche Franca Chiaromonte». Trasferito sulla carta, il giochino spiega molto del Pd. Quello che si muove sull?asse Fioroni-Latorre «è oggi – secondo la Bindi – il corpo del partito. Ma se è così – attacca – non si va da nessuna parte. È questo il vero ostacolo alla contaminazione tra le diverse culture. Sono quelli che dicono di voler fare i Dico e poi li abbandonano in Parlamento». Invece, osserva, bisognerebbe aprirsi a un dialogo permanente: «i laici non devono sentirsi portatori di un pensiero autosufficiente, i cattolici devono accettare di non avere il monopolio dei valori: la verità si cerca insieme». Insomma, tutti dovrebbero fare un passo indietro? «No – è la risposta – Un passo avanti». Se il Pd è così spezzettato, forse è anche mancata una guida forte, netta, in grado di prendere posizione su temi difficili e di scontentare qualcuno. Il caso delle unioni civili in Campidoglio – con il Pd che ha votato ?no? insieme alla destra e con Veltroni in Vaticano – forse è rappresentativo di queste difficoltà.
«Lì – osserva – ha sbagliato la sinistra radicale a porre il problema in quel modo e in una città come Roma nella quale già si fa molto su questo tema. Certo, il Pd ha perso una occasione per dialogare con la sinistra e ha preferito la scorciatoia del voto con la destra. D?altra parte, se manca consistenza politica, poi si fa fatica a rimanere sul percorso indicato dagli elettori. E Veltroni a Roma non avrebbe vinto senza i voti di Rifondazione». Le stesse difficoltà il centrosinistra e il Pd le hanno mostrate anche su altri terreni: la sicurezza, il fisco, la bioetica. «Sui grandi temi – afferma il ministro – il Pd ha due possibilità: o diventa garanzia della maturità di cultura e di governo del centrosinistra, e come tale non vive la coalizione come frutto di un bipolarismo coatto, oppure sceglie di diventare il buon amministratore di idee in qualche modo mutuate dalla cultura avversaria». E cosa la Bindi intenda lo chiarisce con un esempio: «anche io sono convinta che gli imprenditori siano lavoratori, peccato che non si possa dire il contrario. Basta pensare ai metalmeccanici in attesa del contratto collettivo».