Non saprei dire se, nel suo splendido intervento tenuto al recente Congresso che ha visto i Democratici di Sinistra chiamarsi a raccolta (per l?ultima volta in questa veste) a Firenze, Fassino fosse a conoscenza del fatto che quella frase in cui esprimeva la propria voglia di ?lasciare il mondo un po? migliore di come l?abbiamo trovato?, fosse già stata pronunciata da Robert Baden Powell (il fondatore degli scout), come proprio ?testamento? spirituale e programmatico.
È indubitabile che quella frase racchiuda al suo interno un concetto fondamentale del vivere e dell?agire umano, e cioè la convinzione che a guidare ed orientare l?evoluzione del mondo non sia solo, ed unicamente, un mero intervento del ?Caso?, ma un costante ed assiduo impegno dell?uomo nel gestire la realtà in cui viviamo. Realtà che va gradualmente mutata nel tempo e nella storia alla luce delle scoperte scientifiche e della potente forza dell?amore.
Una convinzione, questa, che deve uscire rafforzata dal tramonto delle ideologie, che ha investito soprattutto quella di derivazione marxista, e dalle debolezze e i tentennamenti di quella strutturata sul pensiero liberale derivato da Stuart Mill. Oggi poi, come dice Habermans, anche ?la filosofia non crede più in risposte vincolanti sulle questioni della condotta di vita, personale o collettiva?. Non appare quindi possibile costruire un progetto politico sulle linee di un risolutivo e definitiva e definitoria concezione filosofica (dettata da una Ragione deificata).
Quello che invece si viene affermando oggi è la ricerca di strutture capaci di un cambiamento continuo, che impone di battersi per migliorare l?esistente attraverso l?adozione di progressive concrete riforme.
Accanto ad un crescente e diffuso scetticismo infatti, si sta facendo fortunatamente strada, l?idea che il mondo possa essere migliorato, che, anzi, debba essere cambiato. Non c?è buio oltre la siepe. Ed in questo senso va riletto il brano evangelico secondo cui ?i poveri saranno sempre con voi?, non può in alcun modo essere inteso, pessimisticamente, come una dichiarazione di impotenza e di incapacità ad agire nella direzione di una maggiore redistribuzione dei beni. Quella frase deve essere letta come un continuo e costante impegno a cambiare le cose e a fare in modo che i cosiddetti ?poveri? (lo sono tanto coloro che soffrono nel corpo che nello spirito) siano sempre al centro della nostra attenzione e del nostro servizio, specialmente in politica.
Migliorare il mondo in cui viviamo è lo scopo di un partito politico realmente democratico, degno di questo nome. Un partito che ponga nei fatti la rotta sul cambiamento della nostra cultura, orientandola soprattutto verso chi più ha bisogno, diviene lo scopo del nostro agire nel sociale e, per noi medici, di una trasformazione complessiva dell?intero servizio sanitario nazionale, che abbia come proprio punto di partenza il riconoscimento del bisogno di salute della persona che soffre.
Il medico, infatti, non può essere ridotto al ruolo di un esecutore passivo di tecniche chirurgiche, oppure di un somministratore di farmaci, ma è sempre più chiamato a porre tutta la propria esperienza e tutta la propria cultura scientifica, oltre che al servizio della persona, anche al servizio della costruzione di una migliore e più efficiente organizzazione sanitaria. Il mondo, ha detto giustamente Magris, ?non va solo amministrato, va cambiato?.
Ma perché tutto ciò possa accadere, occorre una disponibilità vera ad un cambiamento autentico del nostro modo di essere ed agire. Per cambiare il mondo in cui operiamo, cioè, occorre per prima cosa essere disposti, noi stessi, a cambiare, realizzando quello che in linguaggio religioso viene definito come ?una conversione continua?. E quindi occorre che questa trasformazione prenda avvio dal lavorare su se stessi, promuovendo, ad esempio in campo medico, processi formativi e ?creativi? che ci consentano di formulare progetti di crescita personale, tanto come studenti e specializzandi, quanto nelle fasi più avanzate della nostra vita. In questo senso, ad esempio, gli stessi corsi EMC (educazione medica continua) non possono più essere pensati come semplici momenti di aggiornamento tecnico o scientifico, ma come momenti di formazione personale. Formazione che non solo ci aiuti a crescere, ma che promuova anche lo sviluppo delle quattro funzioni fondamentali (clinica, ricerca, formazione e management) che caratterizzano oggi, nel loro insieme, la professione medica. Il Sistema Sanitario così come le singole amministrazioni locali devono essere a loro volta strutturate in modo da promuovere, sia in fase di progetto che di esecuzione, un processo di reale partecipazione, che comportino un loro continuo miglioramento Un ospedale non può e non deve essere gestito, per così dire, da ?un padrone? (sia esso pubblico o privato), preoccupato in molti casi solo dei problemi di tipo economico, così come non può dipendere da ?baroni?, più interessati al proprio successo personale ed al proprio potere, piuttosto che alla struttura ed al personale che è loro affidato.
La mancanza di una specifica preparazione alla gestione dirigenziale di un settore della vita pubblica così complesso è palese a tutti, come tutti sappiamo che non esiste una concreta possibilità di prendere parte, attivamente, all?effettivo miglioramento del servizio all?interno del quale i medici prestano la loro opera.
In troppi casi si registra infatti, spesso per la lottizzazione politica – e, nel privato, per una scelta basata sui criteri della ?obbedienza? – una mancanza di competenze specifiche da parte di dirigenti chiamati a valutare il rapporto costo-benefici solo in termini economici, così come, in troppi casi, si registra una mancanza di capacità manageriali e formative negli stessi direttori di unità complesse o nei direttori sanitari.
Ho preso ad esempio il mondo medico perché ognuno parla con la sua storia, ha davanti a sè il suo vissuto. E sente la realtà attraverso i propri investimenti affettivi. Penso però che questa riflessione sulla medicina si applichi facilmente al mondo politico, ed in particolare agli attuali partiti. Anche nei partiti si riesce a cogliere che la strada da prendere sia quella di ?migliorare? l?esistente, attraverso una riforma che inizi dal rivedere ruoli, funzioni, modalità di militanza, ricambio dei leaders che non sia solo generazionale (anche se questo è fondamentale) e soprattutto nel richiamo ad una attiva partecipazione (vorrei sentire più spesso la frase di Kennedy ?non chiedetemi cosa posso fare per voi, ma quello che voi potete fare per il Paese?).
Per fare un partito nuovo occorre un metodo nuovo, ?menti? nuove (pensiero divergente e, per questo, creativo) e sopratutto competenza, come Baden Powell richiedeva ai suoi scout-masters ( ?non basta voler fare le cose, occorre saperle fare?.
Tutti oggi si rendono conto che i partiti, così come sono, non vanno. Che c?è bisogno di una maggiore giustizia sociale, come di un rinnovamento culturale che ci liberi dalla corsa ai consumi, e di una maggiore sobrietà e semplicità di vita più rispettosa dell?ambiente, del Creato e dei diritti fondamentali di ciascuna persona. I partiti sono senza dubbio fondamentali per la nostra democrazia ma, così come sono, generano oligarchie eterne, tengono lontano la partecipazione, privilegiando la delega, sono gravati da costi che legano il successo di una proposta politica ai mezzi di comunicazione di massa (tutti in mano a forti poteri economici ed al meccanismo malvagio della pubblicità). Con questi partiti le differenze fra programmi di governo ed opposizioni si fanno minime, così il margine di consenso per l?una e l?altra parte. Soprattutto si espone i governi alle istanze di piccoli raggruppamenti politici che fanno da ago della bilancia e soprattutto frenano l?azione governativa??
Ma, come ben sappiamo, criticare è sempre facile, mentre molto più difficile è essere capaci di prospettare soluzioni alternative ad uno stato di fatto che colpisce larga parte della cittadinanza su una delle questioni più importanti dell?esistenza umana: quella del diritto di aspirare al benessere ed alla felicità.
Il Partito Democratico, che si avvia ad essere varato, appare come il vero fatto nuovo nella democrazia Italiana. Sono sicuro che richiamerà donne e uomini di buona volontà, cioè moderati nello stile (tolleranti e ?curiosi? delle idee degli altri, senza pretese di egemonie, senza verità politiche in tasca) e rigorosi ed intransigenti nella radicale ricerca della giustizia, della pace e della fratellanza umana.
Credo, dunque, che se il nascente Partito Democratico vorrà essere veramente quel segno di novità che io spero, auspico e sogno da lungo tempo, è proprio su di un terreno così delicato come questo. che dovrà dare prova di sé e della propria capacità di ?creare? ed ?inventare? un futuro diverso, lasciando così il mondo ?un po? migliore di come l?abbiamo trovato?.
*Ginecologo, docente universitario,politico, giornalista e romanziere.