“La politica è una brutta cosa, che me ne importa della politica”. Quando sento fare questo discorso mi viene sempre in mente una vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversavano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime, e il piroscafo oscillava. Allora questo contadino, impaurito, domanda a un marinaio “ma siamo in pericolo?” e questo dice “se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda”. Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno e dice “Beppe, Beppe, Beppe! se continua questo mare il bastimento affonda” e quello risponde “che me ne importa, l’è mica mio!”. Questo è l’indifferentismo alla politica.
Piero Calamandrei (1889-1956), Discorso agli studenti milanesi (1955)
Gli oltre sessanta immigrati che domenica scorsa hanno preso parte al primo degli incontri sulla cittadinanza dal titolo ?Vivere in democrazia? hanno trovato di stringente attualità questo aneddoto raccontato da uno dei padri della Costituzione italiana più di cinquanta anni fa ad un gruppo di studenti universitari, per inaugurare, anche in quel caso, un ciclo di conferenze sulla Costituzione italiana.
E oggi a distanza di più di mezzo secolo risultano quanto mai attuali sia la storiella che l?idea di fare un ciclo di incontri sulla Costituzione italiana.
Calamandrei non poteva certo immaginare che a distanza di qualche decennio le sue parole sarebbero state riportate nel primo di una serie di incontri sulla Costituzione italiana destinato ad un folto gruppo di immigrati che si chiedono con profondità e intelligenza oltre che con grande senso di responsabilità se diventare o meno cittadini italiani.
E quegli stessi immigrati che hanno partecipato all?incontro sulla democrazia hanno saputo cogliere il senso della storiella forse molto meglio di quanto possano fare tanti italiani, per il semplice fatto che a loro non è concesso partecipare come vorrebbero alla crescita di un paese che considerano il loro. Sanno bene che per essere cittadini (che è cosa ben diversa dall?ottenere un documento che attesti la cittadinanza) non si può restare indifferenti alla politica.
Un entusiasmo contagioso, una forte passione e tanta voglia di partecipazione sono le caratteristiche che accomunano i partecipanti di oltre dieci nazionalità diverse al corso dal titolo provocatorio ?Sono pronto a giurare fedeltà alla Costituzione italiana??.
Molti di loro si stanno preparando alla campagna elettorale per l?elezione dei consiglieri aggiunti al Comune di Roma che si terranno il prossimo dicembre. Un appuntamento importante per gli stranieri che vivono nella capitale: uno dei pochi momenti in cui sono chiamati a dare un contributo al governo della loro città. Stanno lavorando, incontrando persone, organizzando eventi per realizzare una campagna elettorale come quelle che in Italia non si vedono da tempo: quella fatta porta a porta in cui ci si spende senza riserve per riuscire a far parte del Consiglio comunale e lavorare per rendere un po? più ?a misura di immigrato? una città in cui sperimentano quotidianamente sulla loro pelle i problemi di un?integrazione non sempre facile con gli italiani.
Dunque il bilancio sul primo incontro di questo corso organizzato da Praxis è positivo oltre che per i temi affrontati soprattutto per i contributi dei partecipanti.
Gli iscritti al corso hanno dimostrato inequivocabilmente che l?integrazione è possibile se si ha voglia di conoscere e stare insieme. A tal proposito ci hanno fornito ?una ricetta? per accelerare questo processo di integrazione: iniziare dalle tradizioni culinarie: noi abbiamo provato e funziona. Dopo le leccornie della cucina rumena, domenica prossima, per l?incontro su Stato e Religione, proveremo la cucina indiana perché dopo la riflessione, attorno a una tavola imbandita qualsiasi idea interculturale si sedimenta meglio e la gioia della convivialità non conosce confini.